Messaggio sul tempo dell'Avvento
ISAIA 9:1‑7 AVVENTO: LA GIOIA DELLA PROMESSA E DELL’ATTESA.
1. La Promessa: Una nascita, un dono, un bambino.
Questo testo è uno dei passi tradizionali dell'Avvento per la profezia approssimativamente messianica che contiene. Viene annunciata la nascita del bambino come dono di Dio, nascita inserita saldamente all'interno dell'oracolo prodigioso del segno di Emanuele (cap.7). Si tratta di una promessa di speranza ad una terra piegata dai disastri della guerra. Gli assiri hanno invaso il territorio di Zàbulon e Nèftali (nella Galilea) ad ovest del lago di Genesaret. Il Re Teglatpileser III ha compiuto una impietosa guerra d'invasione contro Israele, il Regno del Nord, che si è conclusa con la deportazione in massa e col massacro spietato di intere città; i campi sono devastati, i raccolti persi, gli alberi abbattuti, le terre seminate di sale e di cadaveri. Ovunque regna la morte, la più fitta delle oscurità. Era l'anno 734, così racconta il fatto l'autore di 2 Re 15:29: "Al tempo di Pekah, Re d'Israele, venne Tiglath‑Pileser, Re di Assira, e prese Ijon, Abel‑Beth‑Maaca, Janoah, Kedesh, Hatsor, Galaad, la Galilea, tutto il paese di Neftali, e ne menò gli abitanti in cattività in Assira".
1.1. L'Orizzonte al Nord: Il profeta Isaia è a Gerusalemme dove riceve questo oracolo o visione, questa intuizione del futuro. L'orizzonte al Nord è immerso nel buio, rinchiuso nella tragedia militare appena consumata. Improvvisamente il profeta percepisce da lontano un raggio di luce che porta la redenzione ai deportati agli oppressi di Neftali e Zabulon che piangono. Il profeta allora inizia un canto, un poema esultante. L'oppressore è stato sconfitto, il suo esercito annientato, la dura servitù spezzata per sempre. E, chi ha compiuto questo rovesciamento? Un bambino. Chi è questo bambino? E' Emanuele. Da dove viene questo bimbo accumulatore di speranze? Viene da Dio, è un dono, con egli nascerà una nuova era di pace e giustizia.
Nell'oracolo profetico si mescolano due tempi e due emozioni. La miseria della situazione attuale, il dolore cieco di una terra in rovina per la guerra. E la luce futura che sorgendo dalla Galilea, riempirà tutta la terra santa portando la gioia al popolo oppresso. Si tratta di un contrasto poetico, molto elaborato tra una situazione al limite, buia, caotica (come il primo giorno della creazione), il presente; e il futuro che arriverà come dono di Dio, dalla mano di un bambino (come la luce che cacciò via la tenebra primigenia). Sembra di trovarsi di fronte a un nuovo giorno della creazione.
1.2. Le tenebre sono simbolo del caos, del peccato e immagine, volto deformato, della morte che regna. La terra è territorio di ombra. Sorge allora la luce, come una nuova creazione: dal cammino del mare (perché le tenebre coprivano gli abissi marini) cioè il cammino che collegava l'Egitto con la Mesopotamia. Ecco, Israele è il piccolo paese schiacciato come una noce tra le due gigantesche potenze militari. Si tratta di qualcosa di miracoloso, di inatteso, di strano, di meraviglioso e inspiegabile.
La luce che nasce è appena un filo dorato che comincia a crescere finché il suo bagliore caccia via le tenebre, domina l'orizzonte, la terra che adesso comincia ad esultare, a cantare. Questo territorio è il Nord della Palestina, la Galilea chiamata dei gentili, termine oltraggioso dato ai suoi abitanti, da quelli che abitano nella Giudea, che si consideravano puri nei confronti degli sfortunati israeliti del Nord. Essi abitavano lontani dal tempio e della città santa, separati da Gerusalemme dal territorio degli odiati samaritani; erano ritenuti come dei bastardi, ibridi e soltanto Israeliti a metà.
Il disprezzo per i galilei giungerà fino all'età evangelica; fu scagliato contro lo stesso Gesù, e contro i suoi discepoli, quasi tutti dei Galilei. "Può forse venire qualcosa di buono da Nàzaret?", chiese Natanaele a Filippo quando costui gli parlò del Signore. Il profeta vide già allora, iniziare l'età della redenzione in quella regione sfortunata, impoverita, disprezzata, calpestata, diventata un deserto dopo la guerra. Il migliore commento di questo passo l'ha fatto Matteo nel cap. 4 vv. 13ss., che ci presenta il Maestro, dunque il bambino, nei territori di Z. e N. annunciando v.17 "che il Regno di Dio è vicino". In effetto, la luce del Regno predicato da Gesù riempì di gioia i villaggi, le città della Galilea. Ebbene, sette secoli prima, il profeta ha visto quella luce e il suo cuore si è riempito di letizia. Può essere un'allegria selvaggia, elementare se volete, quasi irrazionale perché i cadaveri coprono ancora i campi. Ma è la gioia anticipata che proviene dal raccolto che si spera abbondante, che precede la sconfitta certa del nemico che opprimeva il popolo.
Nel capitolo precedente 8:17, il profeta aveva detto che: "Dio ha nascosto il suo volto ai discendenti di Giacobbe". Adesso annuncia con giubilo un orizzonte luminoso di salvezza, Dio che in Gesù ci mostra il suo vero volto. Quel popolo era immerso nelle ombre della morte, cioè, come una nazione nella quale lo spettro della morte ha lasciato la sua impronta di devastazione e guerra. Camminare nella terra delle ombre significa vivere in uno stato di miseria, disgrazia e sventura, avere la morte come vicina di casa. Il peggio è, che gli abitanti di quella regione si sono abituati a vivere colla morte appesa ai visceri, non se ne rendono conto della loro sorte.
1.3. Ma, all'improvviso, ecco, arriva la luce, un folgore di speranza, una brezza di salvezza spunta nell'orizzonte come un astro, come il sole raggiante che appare nel Levante, dal mare, il volto del Signore che è luce, non più nascosto. Il profeta adesso si sofferma compiaciuto nella descrizione dell'allegria primaria nata nei cuori di quelli che si consideravano condannati ad uno stato di miseria perpetuo, senza speranza di redenzione. Nei campi devastati spunta il vigoroso verde del grano giovane e abbondante; nei campi seminati di cadaveri, gli sconfitti, miracolosamente vincono, distruggono l'esercito invasore degli oppressori.
2. La Gioia dell’attesa: Avvento.
Nella visione di Isaia domina l'immagine d'un paese devastato dalla guerra. Non c'è speranza, attesa, solo morte, oscurità. All'improvviso spunta una luce nell'orizzonte del Nord, è una nascita, un bimbo portatore di speranza che accende la gioia dell'attesa.
La gioia, l'esultanza è dovuta alla liberazione che è opera del Signore: "Egli ha spezzato il giogo...", il peso che gravava sulle loro spalle; nel NT viene applicata questa immagine alla liberazione dalla legge operata da Gesù. "Come in passato hai vinto Madian", questo testo evoca Gedeone. Il fuoco distrugge: "i calzari dei soldati invasori, e tutte le loro vesti insanguinate", tutte le tracce di paramenti, strumenti, armi militari o di guerra, o di distruzione, vengono distrutti, cancellati, per sempre, consumati, spazzati via nella nuova realtà messianica che nasce. L'oppressione è finita e con essa la guerra. Così la luce cresce ancora. Diventa più forte grazie al fuoco che distrugge le reliquie della guerra. La nuova età dunque, è il tempo o il Regno della pace.
E come mai, cos'è successo che ha cambiato così radicalmente la miseria in abbondanza, la tristezza in gioia, le tenebre in luce, la morte in vita, l'oppressione in libertà? Quando nessuno se l'aspettava più, è nato un Principe Liberatore, Dio stesso l'ha dato al popolo oppresso, è il miracolo di una nascita, il segno della speranza, il figlio della giovane donna non sposata, Emanuele.
Entra il Principe. Viene dal Nord, dalla Galilea, "ha sulle spalle il segno del potere regale", sì, il peso della croce, di tutte le nostre morti, peccati, malattie. Tutto scompare perché egli lo carica tutto sulla croce che egli portò per noi. Questa grande visione di Emanuele non può essere applicata a nessuno dei Re che il mondo ha conosciuto dopo Davide. Trascende per tanto un'interpretazione legata strettamente alla dinastia davidica, al tempio, a Gerusalemme o alla Palestina. Non c'è mancanza, difetto, confine, limite a questa pace fondata sulla giustizia che si proiettano attraverso il tempo e lo spazio. Sarà una pace fondata sul diritto, non sarà la pace imposta dal terrore tecnologico delle armi di distruzione di massa.
Dio stesso l'ha fatto nascere per noi, e gli dà un nome sovrumano. Soltanto quando applicata a Cristo acquista questa profezia la sua pienezza di significato. Il Cristo che viene e che è presente, e che verrà. Fino al suo avvento egli è stato speranza sulle labbra o nel cuore, anelito, sogno di profeti che sognavano la pace e la giustizia in una terra liberata dalla miseria e la guerra. E' stato l'ideale atteso, mai realizzato, compiuto finché giunse la pienezza del tempo che gravido del gemito degli oppressi, diede alla luce il dono di Dio, la luce. Avvento ci prepara a Natale, quando il cielo diede spazio alla luce. Lo zelo, l'amore appassionato di Dio per gli esum. ha compiuto il miracolo. Come diceva il profeta Gioele nel 4 oracolo del cap. 2: "Il Signore si prende cura della sua terra, ha una amorosa compassione per il suo popolo", parole così vicine al riassunto che Giovanni farà del Vangelo: "Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo unico Figlio perché chi crede in lui non muoia, ma abbia vita eterna".